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Visualizzazione dei post da dicembre, 2017

Solo la bellezza ci salverà!

Tuona il cannone ad Est, venti di guerra. I catastrofisti, i cantori di sciagure prospettano prossimi scenari da Terza Guerra Mondiale (magari avessero ragione…). Il democratico Obama soffia sul fuoco. Il presidente francese François Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel a colloquio con il russo Vladimir Putin. Si cerca l’intesa, una tregua, tra le reiterate minacce d’embargo e le blandizie. L’Ucraina e le regioni filo-russe ed autonomiste si sparano con alacre entusiasmo e inesorabile tragedia. Intanto l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri, Federica Mogherini, non viene coinvolta, nessuno l’interpella. Domanda: perché italiana o perché l’Unione Europea non conta nulla? Sembra, al contrario, resistere il vecchio asse Parigi-Bonn (oggi, Berlino) inaugurato dal generale Charles de Gaulle e Konrad Adenauer a superamento della linea del Reno, secolare ferita aperta nella storia europea. Leggo una notiziola su Fb, nulla di che, poco più di un gossip: ‘Weekend

Fra Sironi e Picasso

di E manuele Casalena Annientare il nemico è il chiodo rosso sangue che, dal ’43, salda il programma con l’ azione dei comunisti in Italia. L’ultimo parto è l’inasprimento delle pene per chi osa dar da vedere d’essere fascista, va sbattuto al “gabbio”, in barba alla libertà costituzionale di pensiero ch’ a dire il vero mai c’è stata realmente nel nostro Paese. Cito qui il testo dell’articolo di legge proposto, già approvato da Montecitorio: ART. 293-bis. – (Propaganda del regime fascista e nazifascista). – Chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero delle relative ideologie, anche solo attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne richiama pubblicamente la simbologia o la gestualità è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. La pena di cui al primo comma è aumentata di un terzo se il fatto è com

Duilio Cambellotti: l’arte nei pagi

di Emanuele Casalena Sappiamo che il termine pagano acquistò con il Cristianesimo quel significato negativo che ancor oggi conserva. Erano pagani gli abitanti dei pagi, villaggi rurali resilienti nella loro religione arcaica quanto resistenti a convertirsi alla nuova fede. Ancorati al sodo lavoro dei campi come alla pastorizia, essi confidavano testardi negli antichi dèi protettori dei raccolti e degli armenti, sacrificando loro una scrofa gravida, offrendo latte e mosto pur di raccogliere messi abbondanti, ingraziarsi la protezione delle greggi come ci ricorda Ovidio (1). La festa del lavoro agreste erano le Paganalia istituite, dicitur, dal re Servio Tullio nel VI sec. ma coincidenti con le più antiche Feriae Sementivae che cadevano dal 23 al 27 Gennaio dedicate a Pares o Ceres, quando i chicchi delle sementi, riposti sotto i solchi richiusi, dovevano morire per germinare nella metamorfosi del grano. Duilio Cambellotti ( Roma 1876-1960), di carattere selvatico, fu un artista poli

LUIGI BOCCASILE detto Gi Bi o Fandor su “Papiol”.

di Emanuele Casalena Il 3 ottobre si è concluso il Fashion week 2017 di Parigi, in passerella la haute couturesoprattutto francese: Yves St. Laurent (retrospettiva), Chanel, Dior & C. Poco prima della kermesse francese, Milano aveva detto la sua, eccome, aprendo alla Moda sostenibile coniugata alla raffinatezza dei capi presentati dalle migliori maison. Una città magnetica Milano per l’arte in tutte le sue manifestazioni, capace, per il suo dinamismo di mercato, di creare opportunità per chi ha nel DNA talenti. Una Grande Mela ante litteram, ficcata nella testa a fiore d’ortensia dell’Italia, storicamente industriosa per la capacità di far circuitare idee d’avanguardia nella produzione, con un occhio di falco su quel ch’accade oltralpe, ma anche con l’orgoglio d’ esportare quanto di originale vi si fabbrica. Fu già così al tempo del raffinato gotico internazionale proseguendo, senza soluzione di continuità, fino ad oggi, media con politica compresi. Per questa sua vocazione di

GIUSEPPE TERRAGNI

a cura di Emanuele Casalena Maria Casartelli è l’ultima persona a vedere Giuseppe vivo, è la fidanzata, abita a 300 metri da casa sua, l’unica alla quale chiedere aiuto. E’ il 19 luglio del ’43, a Roma gli alleati guernicano S. Lorenzo, sei giorni dopo sarà l’apostasia di Grandi. Un pentolino con il latte bolle sul fornello acceso, Giuseppe avverte i sintomi del male improvviso, esce di casa lasciandosi le porte aperte, raggiunge l’appartamento di Maria, lei lo vede dal balcone, gli si precipita incontro, apre la porta, Tump lui s’accascia sul pianerottolo battendo la testa, muore stecchito a 39 anni. Fu l’ ictus cerebrale o il colpo secco la causa del vuoto della morte?(1) Resta un mistero, solare invece è che il Paese perdeva il suo architetto migliore, oggi diremmo, con acronimo terribile, un archistar. La fine di un uomo spesso è il sunto del suo viaggio, la clip chiude il cerchio dell’esistenza, dando ragione al peregrinare d’ Odisseo verso Itaca, ma qui Penelope portava

La Tuta di THAYAHT

di  Emanuele Casalena Le rivoluzioni efficaci cambiano il quotidiano, sterzano su idee nuove di zecca per dare risposte ai bisogni dell’uomo. Fu così con l’arco e la freccia nel Paleolitico, con l’i-Phone dieci anni fa, i primi due che mi vengono in mente. Quando si va, sigh-sigh, dal meccanico lo riconosciamo dal suo abito da lavoro, una tuta blu in genere unta di grasso. Il vestito strizza l’occhio al mestiere d’appartenenza; con le “ tute blu” intendevamo l’universo dei metalmeccanici, coi colletti grigi i travet fantozziani, con quelli bianchi i quadri dirigenti dei settori economici cioè l’alta borghesia che ci governa. A tal proposito Giuseppe Prezzolini ricordava di essere stato invitato da Antonio Gramsci a tenere una conferenza agli operai della FIAT. Lo ascoltarono diffidenti, non lo contestarono per rispetto a Gramsci, ma a discorso ultimato Prezzolini rifletté su quell’ostilità palese: quei lavoratori volevano scalzare la classe dei padroni però senza “cambiar d’abito”,

La vita nella materia di Alberto Burri

a cura di Emanuele Casalena Cercheremo di varcare il confine del ’45 inseguendo tracce di cultura della riva destra assai poco evidenti lungo il sentiero impervio di oltre settant’ anni di sacrificio delle arti nel bosco di cappuccetto rosso. Non potremo accendere il fuoco, bere e cantare attorno alla sua fiamma scoppiettante, ma accendere una torcia da campo per trovare orme dei lupi tra le siepi, salendo su per la montagna col fiato strozzato, draghi di vapore dalle nari fino al pertugio incustodito dalle ombre rubre. Mi torna alla mente un film del mio anno di nascita “ Il cammino della speranza” dell’eretico Pietro Germi, quei minatori di Favara senza più lavoro partono per la Francia in cerca di speranza, certezze non ne hanno, solo pochi passeranno il confine dopo infiniti travagli. Noi siamo noi, non cercheremo la pietas dei doganieri, non serve in questo caso, né ci volgeremo a riguardare indietro la nostra montagna di Rushmore ben più ricca di quelle quattro teste. Sgombri