Tra Simbolismo e Liberty. Achille Calzi a Faenza

di Marta Santacatterina
C, Faenza ‒ fino al 18 febbraio 2018. Nel 2013 gli eredi decisero di donare ai musei civici un consistente nucleo di materiali d’atelier di Achille Calzi, artista molto noto a Faenza ma del quale non era ancora stata intrapresa alcuna ricerca scientifica. Gli studi sono ora sfociati in una mostra antologica che mette in luce tutta l’eclettica produzione del faentino.
Qual è il confine tra artigianato e arte? Se ne discute da secoli, basti pensare al movimento Arts & Crafts che, nell’Inghilterra di William Morris e dei Preraffaelliti, coinvolse gli artisti nell’elaborazione di prodotti che non si ponessero solo come pezzi unici, ma che si prestassero a una produzione in serie, ponendo quindi le basi del design. Ma perché parlare di territori e idee lontane in relazione alla mostra Achille Calzi, tra Simbolismo e Liberty? Perché il protagonista di questa esposizione monografica – che finalmente, per la prima volta, lo riscopre e rivela al pubblico gli esiti della lunga ricerca di Ilaria Piazza – risponde pienamente allo spirito dell’Arts & Crafts.
UNA BIOGRAFIA ESEMPLARE
Achille Calzi nacque a Faenza nel 1873, discendente da generazioni di artisti e maiolicari, ma nel corso della sua vita non si dedicò solo alla produzione delle ceramiche nel laboratorio di famiglia o per altre manifatture: fu infatti abile decoratore, pittore, caricaturista e addirittura massone e impegnato in varie iniziative legate alla Prima Guerra Mondiale, tra cui si citano i cartoni disegnati negli ultimi due mesi del conflitto per raccontare giorno per giorno i fatti salienti del “Bollettino di guerra”, che esponeva sotto il Municipio. La cittadina romagnola a inizio Novecento era in pieno fermento, grazie alle tante manifatture ceramiche che convogliavano l’interesse di artisti, intellettuali e letterati: Calzi fece parte di questo contesto stimolante – oltre a essere incaricato della direzione della Pinacoteca e il Museo Civico e della Scuola di Disegno e Plastica –, si avvicinò al raffinato Cenobio di Domenico Baccarini, fu molto legato a Pellizza da Volpedo, ad Arturo Martini, a Gabriele D’Annunzio e a Giosuè Carducci, solo per citare alcune “celebrities” del tempo.
DAL DISEGNO AL MANUFATTO
Ecco allora che la mostra – inserita in un progetto di valorizzazione delle maggiori personalità artistiche locali che il MIC sta portando avanti grazie al lavoro della direttrice Claudia Casali – delinea il lavoro multiforme di Calzi: i disegni preparatori per le decorazioni, i progetti che si affiancano alle opere finite, i dipinti dove spiccano le componenti, riprese dal titolo dell’iniziativa, Liberty e Simbolista, fino ad arrivare alle visioni “misteriosofiche” che molto devono a Franz von Stuck e a Odilon Redon. Ma nell’ambito della pittura, evidentemente per accontentare la committenza, l’artista non disdegnò l’adozione di stilemi tardo-ottocenteschi che emergono in particolare nella ritrattistica e talvolta nella grafica pubblicitaria. E ancora le caricature realizzate nel 1913 per il periodico satirico “Bric à Brac” – come non ricordare del successo europeo della satira in quegli anni? – e il primo manuale di storia dell’arte cittadina scritto dallo stesso Calzi, personalità che, con le parole di Ilaria Piazza, “ha dato un significativo contributo al rinnovamento delle arti applicate faentine, aprendole definitivamente alle più aggiornate istanze del Modernismo istituzionale”.
da: www.artribune.com

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